Parliamo di allergie alimentari… una riflessione ecobiopsicologica
Atti della conferenza effettuata durante il Festival Bambini con Gusto – organizzato a Varese dall’Associazione Cresci con gusto.
Prima di introdurci nell’argomento specifico del tema di oggi, è necessaria una breve digressione iniziale sulla modalità di approccio ecobiopsicologica al disagio del corpo e della malattia in generale, di cui le allergie sono un particolare.
Come vedrete andremo per gradi, passando dal generale al particolare. Partendo dal concetto di malattia restringeremo via via il campo passando alle allergie in generale e poi alle allergie alimentari. Concluderò dando alcune indicazioni di prevenzione e terapeutiche.
IL CONCETTO DI MALATTIA
Quando le varie funzioni del corpo interagiscono in un determinato modo si crea un modello che noi sentiamo armonico e che perciò chiamiamo salute. Se una funzione esce dai binari, mette più o meno in pericolo tutta l’armonia e noi parliamo di malattia. Malattia significa dunque sparizione dell’armonia o la messa in discussione di un ordine che fino a questo momento era stato in equilibrio.
Il turbamento avviene sul piano dell’informazione, nel cervello e si limita a mostrarsi nel corpo. Quando il polso e il cuore seguono un determinato ritmo, la temperatura corporea mantiene un certo calore, le ghiandole secernono ormoni vengono formati antigeni, queste funzioni non prendono certo le mosse dalla materia, ma dipendono tutte da una corrispondente informazione, che a sua volta muove dal cervello e quindi dalla coscienza. Il corpo è il piano di espressione e realizzazione della coscienza e quindi anche di tutti i processi e i mutamenti che avvengono nella coscienza. Come un palcoscenico sul quale si esprimono le immagini della coscienza. Qualunque cosa avvenga nel corpo di un essere vivente, è espressione di una informazione corrispondente, ovvero la condensazione di un’immagine corrispondente, di un’idea.
Quindi se una persona viene a mancare di equilibrio nella sua coscienza, questa situazione può divenire visibile e sperimentabile nel corpo.
Di conseguenza risulta fuorviante affermare che il corpo è ammalato perché solo l’uomo, nelle sua unità psicosomatica, può esserlo. Il male poi si manifesta nel corpo sotto forma di malattia.
A questo punto risulta chiaro che non aderiamo all’abituale suddivisione delle malattie in somatiche, psicosomatiche, psichiche, la differenza somatico/psichico, questa differenziazione può infatti, riferirsi solo al piano nel quale la malattia si esprime con il suo sintomo.
Se nel corpo di una persona si manifesta un sintomo questo attira più o meno su di sé l’attenzione, e calamita energia ed interesse. Spesso spezza in modo brusco la continuità della vita o ci chiede di adattarvisi (come nel caso delle allergie o intolleranze alimentari). Questa interruzione che sembra venire dall’esterno noi la percepiamo come un disturbo e in genere abbiamo il solo scopo di eliminarlo, e in questo modo inizi la lotta contro il sintomo.
Quando approcciamo in questo modo il disagio, evitiamo di interpretare il sintomo e gli togliamo l’importanza informativa di cui è portatore.
Che suggerisce allora l’approccio psicosomatico? Riteniamo che il sintomo non debba essere represso ed eliminato, ma reso superfluo. Il risultato è lo stesso, ma il processo è ben diverso.
Per ottenere questo dobbiamo, per un momento distogliere l’attenzione dal sintomo e concentrarla più in profondità, se si vuole capire ciò che il sintomo ci vuole indicare.
Come fare per comprendere ciò? Spesso il nostro modo di pensare procede seguendo la via della ricerca della causalità, in cui le catene associative sono costituite da un riproporsi di rapporti di causa-effetto molto ben precisi. La causalità è però solo uno dei modi di approcciarsi allo studio degli eventi, uno dei tanti modi di interpretare la realtà, quello specifico e proprio dell’emisfero sinistro del nostro cervello. Ma l’emisfero destro non conosce alcuna causalità e procede nell’analizzare le informazioni della realtà seguendo un pensiero di tipo analogico (che si esprime ad esempio con la seguente formula intestino:uomo= radici:albero). Questo modo non è più giusto o sbagliato, ma costituisce il naturale completamento dell’unilateralità della causalità. Soltanto tutte e due insieme, causalità e analogia, possono creare le coordinate in cui il nostro mondo può essere interpretato in modo significativo.
Si potrebbe con una metafora rappresentare l’analogia come un cerchio, mentre il ragionamento logico causalistico come una serie di linee. Nel nostro modo di approcciarci ai fenomeni si applica una continua oscillazione tra dimensione analogica e causalistica con il risultato di una descrizione e con-prensione non più frammentata della realtà. Spingendoci più oltre possiamo definire l’analogia come modalità più caratteristica dell’inconscio mentre il pensiero lineare causalistico appartiene più alla sfera della coscienza.
Introdurre nell’euristica (cioè nel processo di scoperta di fatti nell’approccio ad una situazione) l’analogia ci permette di stabilire dei legami imprevisti fra eventi tra loro non in immediata relazione con il risultato di creare un modello aperto alla novità. Ecco allora che scopriamo cose nuove di noi così da esserne consapevoli.
Più ne siamo consapevoli e meno i sintomi hanno ragione di essere.
LE ALLERGIE
Iniziamo con il dire che ci troviamo nell’area del Sistema Immunitario (SI). Il sistema immunitario è l’apparato deputato alla difesa del nostro corpo dalle sostanze ritenute pericolose. Il sistema immunitario agisce secondo diverse modalità nell’attacco all’allergene con lo scopo di difendere il nostro corpo.
Difendere significa: non lasciar passare. Il polo opposto della difesa è l’amore. Si può infatti cercare di definire l’amore da più punti di vista e dai più diversi livelli, però ogni forma di amore è sempre riconducibile all’atto di lasciar passare. In amore, l’uomo dilata i propri confini, li apre e lascia passare quello che prima era rimasto fuori.
Questo confine noi in genere lo chiamiamo IO e quello che sta fuori lo chiamiamo TU. Quando amiamo qualunque cosa, persona, oggetto o alimento che sia, apriamo i confini del nostro IO e lasciamo passare un TU, in modo che attraverso l’unione diventi parte del nostro IO.
Va da sé che ogni difesa rafforza il nostro IO perché ne ribadisce i confini. Le difese operate dal Sistema Immunitario, infatti, ribadiscono una differenza chiare e forte tra ME/NON ME
Come la difesa psichica è diretta contro contenuti della coscienza avvertiti come pericolosi (pensiamo alla rimozione), così la difesa fisica è diretta contro nemici esterni, chiamati veleni, allergeni.
L’allergia è una iper-reazione a una sostanza riconosciuta come pericolosa. Il sistema immunitario forma antigeni contro gli allergeni e si difende così dai nemici. Negli allergici questa giusta difesa viene portata agli estremi. Come se l’allergico si costruisse un’armatura per difendersi da molti nemici, anche da sostanze che in sé e per sé non sono pericolose, non sono virus o batteri, nei confronti dei quali la reazione immunitaria è giustificata e auspicabile.
In campo militare armarsi può essere segno di aggressività, ma anche di paura timore di perdere i propri confini… così anche l’allergia è può essere segno di paure, timori, o aggressività che sono rappresentati nel corpo.
Nel caso dell’allergia, l’aggressività, la paura sono passate dalla psiche nel corpo e qui giocano la loro partita cercando oggetti da combattere. Particolare rilevanza va data all’oggetto contro cui si combatte, che va visto come simbolo che rimanda ad altro. Una parte concerta del mondo (ad esempio le proteine del latte) viene rifiutata a causa della sua valenza simbolica. L’allergia è dunque una possibilità precipitata nel corpo di dire di no e di delimitarsi, di tracciare un confine che non si è tracciato a livello metaforico, psichico.
LE ALLERGIE ALIMENTARI
Le allergie sono reazioni d’ipersensibilità perlopiù a sostanze contenenti proteine diverse da quelle dell’organismo. Le allergie che coinvolgono l’apparato digerente indicano temi indigesti e segnalano difficoltà relative all’introdurre dentro di sé, e al digerire (cioè allo scegliere cosa tenere e cosa buttare via). Il compito della digestioni infatti, si svolge in tre passaggi: accogliere, elaborare e espellere. Più concretamente ciò significa che l’elemento estraneo può essere o subito espulso oppure trasformato attraverso il fegato e integrato affinché la sua struttura materica venga dissolta. Solo allora la sostanza estranea non è più tale e può essere impiegata all’interno del proprio organismo. In questo processo possono insorgere delle difficoltà come la genesi delle allergia per esempio al latte vaccino. Quando il lattante non ha ancora un apparato digerente sufficientemente maturo, non è in grado di demolire e integrare in sé le proteine del latte. Se viene a contatto con il latte le sue proteine penetrano intatte, non trasformate e diventano di conseguenza un elemento di disturbo. Il termine atopia usato per indicare l’allergia e nello specifico la produzione di immunoglobuline (IgE, vale a dire di anticorpi specifici in risposta a sostanze estranee), è un termine particolarmente chiaro perché atopia significa null’altro che “ciò che sta dove non dovrebbe stare”.
Si determina perciò una atopia quando sostanze indigeste in virtù di loro caratteristiche penetrano nell’organismo e quest’ultimo impara a respingerle. Il corpo attraverso il sistema immunitario impara a riconoscere la sostanza indigesta allo scopo di impedire che essa penetri una seconda volta. Una sostanza può essere indigesta perché l’organismo non è ancora pronto per compiere quel processo, oppure perché è incapace di gestire ciò che la sostanza simbolizza.
Il corpo del lattante, che più tardi riceverà di nuovo il latte vaccino ha immagazzinato quel precoce e minaccioso incontro nel suo SI e non lo ha affatto dimenticato. Si difende perciò in modo allergico (benché ora sarebbe in grado di digerirlo dal punto di vista fisiologico). La memoria immunitaria glielo impedisce a seguito di quella troppo precoce sopraffazione ai danni della sua integrità quando fu costretto a lasciar entrare qualcosa di intero che ancora non riusciva a metabolizzare e a fare proprio.
Spostandoci con l’analogia sul pian della coscienza possiamo dire che l’allergia nasce quando il bambino, nel momento in cui si confronta con una data materia, sostanza, o un tema che sia, non è ancora, o non ancora sufficientemente maturo per quanto attiene alle sue capacità di percepire ed elaborare. In altre parole il bambino non è ancora pronto, in termini di maturità ad affrontare la sollecitazione ricevuta.
Da questo puto di vista l’allergia è un problema di immaturità unito a una problematica di energia aggressiva (come abbiamo detto sopra). I soggetti allergici non sono ancora in grado di venire a capo di un certo tema, di digerirlo, metabolizzarlo e includerlo in sé e nella propria vita di relazioni.
Ad esempio può capitare che un bambino possa esprimere con un’allergia il fatto di venire inserito in un contesto inadatto a lui, non sbagliato in assoluto, si badi bene, ma inadatto per lui, in quel preciso momento.
PREVENIRE LE ALLERGIE
In caso di allergie la profilassi consisterebbe nell’aiutare il bambino ad affrontare la vita con coraggio, evitando di sottoporlo troppo o troppo poco al contatto sensoriale con quanto gli è estraneo, nel nutrirlo all’inizio là dove possibile con latte materno esclusivo, e successivamente con cibi appropriati e di stagione, nell’offrigli un nido proprio e il più possibile integro e congruente nelle informazioni affettive ed oggettive.
Quanto gli è famigliare dovrà essere offerto in abbondanza, per favorire il suo sviluppo e rafforzare contemporaneamente i suoi confini. Di conseguenza il contatto fisico con poche persone, sarà da preferire al contato intellettivo con molte.
Si tratta in definitiva di offrire un contatto amoroso e rispettoso dell’età, ancor meglio dei suoi tempi e della sua indole. Il giusto equilibrio tra ciò che è conosciuto e ciò che è nuovo, vitale intellettuale e stimolante.
“Troppo e troppo presto”, anche nelle migliori intenzioni, può condurre il sistema immunitario alla creazione di immagini nemiche, non elaborate.
POSSIBILITA’ TERAPEUTICHE
Per i bambini allergici è cruciale imparare a manifestare apertamente il rifiuto, allenarsi a dire “no” e riprendere la lotta verso ciò che non sentono corrispondergli, ad un livello diverso da quello immunitario. Usando la parola e rendendo consapevoli i bimbi di ciò che a loro va oppure no si rende il sintomo superfluo. Ecco che ritorniamo agli inizi della nostra chiacchierata. Significare il sintomo per renderlo superfluo.
Possono naturalmente essere di grande aiuto sport attivi e di lotta. Possono essere utili anche esercizi di educazione alla sensibilità, per imparare a distinguere gli amici dai nemici (Chi è un amico? Chi invece un nemico? Da cosa li riconosco?) La finalità è sottrarre al sistema immunitario e al corpo il compito svolto dall’allergia di esercitare aggressività, tornando invece a pensare nuovamente in modo incisivo, assertivo e coraggioso.
Naturalmente la prima cosa da fare è sempre evitare ciò che la provoca, ma tale strategia non dovrebbe essere assunta come soluzione definitiva. Spesso si tende a pensare che non ci si possa sbarazzare delle allergie invece non è così. Questa sorta di pensiero mal augurale crea nella vita dei bambini delle profezie che si auto avverano e che ne fanno dei pazienti cronici.
Le terapie desensibilizzanti sarebbero molto utili se applicate anche al piano psicologico, affrontando con coraggio e consapevolmente i contesti e i temi evitati e respinti assieme al simbolismo che li sottende, il vero punto decisivo. Quanto è stato eluso dovrebbe essere riportato passo passo, lentamente alla coscienza e qui elaborato e assimilato. Ciò che è stato considerato dal SI un nemico dovrebbe essere conosciuto, accettandolo nella pienezza del suo significato.
Quando si fronteggia con coraggio la vita e ci si confronta con essa, anche nei momenti più difficili, le opportunità dell’allergia si dileguano e la vita in tutta la sua contagiosa energia prende il sopravvento.
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